Dai che ci ripigliamo bis tris

Dai che ci ripigliamo bis tris. Dopo tre sconfitte sparse, insomma.  Quella di Avellino fa parte del gioco, non solo del calcio ma in generale di quanto espresso dalla Pro in campo, ieri al Partenio. Sempre premesso che nessuno cambia opinione solo perché ne ascolta o ne legge un’altra diversa dalla sua, che la Pro si sostiene sempre e la critica non è avversione ma – in particolare ora e qui – sincero dispiacere per la fragilità di gioco e della squadra attuale, della Pro attuale, mi sento con il cuore in inverno anche se l’autunno è appena iniziato, la luce si va spengendo e siamo, Innamorati tutti, fiduciosi che la Nostra riprenda vigore fin da domenica con la Ternana per continuare almeno ancora a giungere al derby con il Novara. Ah! Dimenticavo di premettere anche che, dopo l’affermazione su Ebagua che sarebbe stato presto pronto, poi gettato nel vapore percepito a 30 gradi ed infine impiegato a bocconcini, resto convinto – soprattutto in seguito a sogno – che Ebagua ha questa struttura fisica, non è grasso o grosso come un matrimonio greco e potrà sì crescere un poco ma lo farà soprattutto se avrà costantemente al fianco non già un dietista, non ne ha bisogno, ma un compagno attaccante in grado di sostenerlo nell’azione offensiva, non due ali e/o tre centrocampisti. La Pro che ha perso ad Avellino non è stata molto diversa da quella che ha perso con il Cittadella o a La Spezia in termini di gioco, forse è diversa la forza delle squadre con le quali ha perso fino ad ora, più o meno. È stata sempre una discreta Pro, troppo fragile e da maneggiare con cura per sostenere il 4-3-3, ci si gioca la partita ma la si perde comunque per episodi, errori individuali, semplici e assenti sviste arbitrali. Qualche volta. O sempre fino a qui, si perde perché – al di là degli uomini campo – il 4-3-3 richiede velocità precisione e grande attenzione, quando ti pressano perché sei basso in campo, non riesci ad uscire neppure con la palla al piede dalla tua area, neppure con la palla al piede di un obbligo che obbligo non è, una bella rimessa lunga e la squadra che sale a pressare. Ah, questa idea che si debba sempre uscire con una palla al piede, come a cena o al cinema con l’amica brutta, sola e antipatica della nostra fidanzata. Anzi, Fidanzata.   E quando perdi questa palla a centrocampo, un po’ più su un po’ più giù, T’infilano come Bolt farebbe facile con qualsiasi coprotagonista di 7 chili in 7 giorni e non perché sei grasso, perché Ti prendono in velocità e in corsa. O perché perdi palla e stop, te l’hanno affibbiata con uno schioppo.  In tre a centrocampo si soffre, in 5 – con i due esterni – abbassati ci si schiaccia come una focaccia rinsecchita. Dietro danziamo – ho rivisto tutti e tre i goal presi ieri – e non assolverei nessuno della linea difensiva. A centrocampo fatichiamo, davanti evaporiamo, nel senso che ci arriviamo, in genere, poco e male, concretamente poche volte ma nel passaggio da difesa a centrocampo ad attacco appunto, ci siamo già trasformati da corpi solidi a evanescenti fantasmini spesso solitari, salvo quando si tratta di recuperare almeno due goal di svantaggio negli ultimi 10-15 minuti. Nonostante queste belle premesse, e la tendenza a digerire malvolentieri le critiche nella certezza di possedere il Verbo del calcio, restiamo fiduciosi, di cambiare idea, d’invertire e procedere costanti, paradosso e ossimoro cadetto, il senso di marcia in un campionato ove siamo, al momento, tra i più debolmente scolastici non solo per la scelta di un modulo da Real Madrid & Barcellona con giocatori in taluni casi anche meno adatti del Gymnastic  – Nàstic – di Tarragona che è circa ultimo nella B spagnola e non fa neppure sempre il 4-3-3 ma sicuro si riprenderà anche lui. Anzi,  i nostri qua e là sono anche più forti di quelli del Nàstic che ha però molto più pubblico di noi. Noi che tutti i giorni ci fidanziamo con la Pro, noi che tutti i giorni ci sposiamo con la Pro.  Ci salveremo all’ultimo minuto dell’ultima giornata compiendo l’ennesimo miracolo laico tale da continuare a ringraziare nel salmo laico Società tutta mister e giocatori, battendo ritmicamente le mani – alla bulgara o alla russa – a palme aperte e rigide. Sono certo di sì, ci salveremo anche prima, sognare non è peccato.

Paolo d’Abramo