Dopo una Caporetto c’è sempre una battaglia del Piave

Il centrale difensivo Bergamelli ha respinto la pubalgia

Dario Bergamelli, foto Umile

Dopo una Caporetto c’è sempre una battaglia del Piave, anche due, ma un Piave bianco, un Sesia, insomma. La prima del Piave, la seconda del Piave e la terza, calcisticamente conversando, sarà la terza a Brescia, così, senza enfasi e con il massimo rispetto ma per rendere l’idea delle prospettive, soprattutto della guida tecnica delle operazioni.  E c’è comunque un’aria nuova intorno a questa nostra Pro che si prepara alla sfida con il Brescia, prevista per sabato pomeriggio al Rigamonti, lo stadio lombardo, impossibile seguire dalla curva senza binocolo e due occhi da lince. Un’aria frizzante, di determinazione e rabbia agonistica che profluvia dalle parole di Bergamelli in conferenza stampa ma non solo, soffia da un ambiente che ha voglia straripante di riscatto dopo tre partite, e la quarta appare la dodicesima battaglia dell’Isonzo – Caporetto, costò il posto a Cadorna in favore di Diaz. Ma in questo caso nessun generale, neppure un corrispettivo in termini sportivi, di certo non Grassadonia, potrà accusare di presunta viltà i suoi soldati che invece, tranne rarissime eventuali eccezioni e quasi invisibili, gli sono fedeli e sanno, come ha detto Bergamelli, che devono fare quanto richiesto dal mister, è un gioco utile a dare punti e goal però bisogna introiettarlo in fretta, bruciando i tempi. Quel che non si brucerà, cristallizzata, è quest’aria di neve che ti gela il sangue come la papera di un portiere troppo giovane e  qualsiasi in qualunque categoria, un rigore inventato, un rimpallo andato a male come un frutto acerbo staccato dal ramo. Cristallizzata è l’aria, intorno a Grassadonia, un’aria che gela le preoccupazioni e gli avvistamenti reali o i miraggi, reali perché non ho ragione di non credere agli amici che nel pomeriggio di ieri mi scrivevano d’aver visto Lerda non distante dallo stadio, tra lo stadio e la stazione ieri pomeriggio, notizia che un nom de plume – oggi si chiamerebbe nickname – conferma alla sera su propassioneeterna, un muro sociale dedicato alla Pro, frizzante e assai seguito. Come era stato avvistato il venezuelano Signorelli, qualche anno fa, in procinto di arrivare a Vercelli e mai arrivato. Come erano state avvistate le pantere fuggite da giardini romani e torinesi, tra il 1986 e il 2015 . Come era stata avvistata e seguita in concreto, tra il 1989 e il 1990,  la Pantera, il movimento studentesco. Magari era davvero Lerda, magari è venuto a trovare un amico in città o semplicemente a fare un giro, di certo senza attinenza alcuna con la Pro perchè sarebbe di cattivo gusto attendere la nuova compagna, il nuovo compagno dalle parti del luogo dove si sancisce la fine di un amore, o il termine di un’esequia, un brivido di gelo. In attesa della riscossa, della tenuta sulla nostra linea del Piave, così per essere poco aulico, ampolloso. La riscossa di Grassadonia e dei suoi militi leoni, a lui fedeli. Perché mi metto nei panni di chi ha voglia di tornare ad allenare, mi metto nei panni anche di chi ha passato – tra gioventù e fase adulta – 5 Stagioni al Toro, cuoretoro ♥️ è il caso di Franco Lerda, ma resto convinto che se c’è qualcuno che può salvare la Pro, a meno di improbabili ammutinamenti, questo è Grassadonia, anche se in avvio di Stagione ha perlopiù avallato non deciso gli arrivi e ha preso atto, pressoché quasi impotente alle decisioni ( si può ragionare sul caso Bianchi) , delle partenze. Oggi il bollettino del tempo dice che non arriverà di sicuro Prina e neppure Scienza mentre Breda e Liverani come Cosmi o Stellone sono aldilà della neve, molto sopra e vogliono garanzie in termini di svincolati da contrattualizzare che la Società non può dare per ragioni di spazio, ci sono già troppi giocatori, e di denaro. Questo appena concluso è il resoconto dei miei fallibili sogni, quel che segue è quanto detto da Dario Bergamelli:”Ci stiamo preparando bene come tutte le altre settimane, non ci scoraggiamo perché è l’inizio, restano tante partite. Adesso fortunatamente sto bene, ho avuto un problema all’inizio del ritiro ma poi si è rivelato più grave. È due settimane che mi alleno von la squadra. Avevo avuto un fastidio due anni fa, alla fine si rivelò un’ernia. Quando le cose van male la colpa è di tutti, l’allenatore in questo caso ha la sua parte di colpe come tutti noi ma è una bravissima persona, molto preparata, perbene, fa il massimo. Siamo tanti ragazzi nuovi, il metodo del mister va provato e riprovato ma siamo sicuri di star lavorando bene. I cambi di panchina sono cose societarie, l’unica cosa che devono sapere i giocatori è esser convinti di fare bene a Brescia, dare il massimo, dobbiamo tapparci le orecchie sulle critiche e guardare al positivo. Sono sicuro che i risultati arriveranno, preferirei non parlare del mister perché non voglio che questo influenzi i compagni. Confrontarsi avviene sempre, in prima squadra ci si confronta sempre, vediamo le cose positive e negative, il mister è una persona intelligente ed snche il gruppo è formato da persone intelligenti”. Dopo una Caporetto c’è sempre un Piave, o un Sesia, a segnare il confine. Lo diceva anche Natalino Fossati che dopo l’andata c’è sempre una partita di ritorno per riscattarsi. Qui il ritorno è già pronto. Dopo una Caporetto c’è sempre una battaglia del Piave, non è vero ma vogliamo crederci. Aria di neve, aria di riscossa, crediamoci, senza paura. Tre video sottostanti.

Paolo d’Abramo